Ancestralità e fiducia.

Il tema della fiducia è per me cruciale perché, almeno nella mia vita privata, tendo a darne tanta, anche immotivatamente.

Sono una di quelle persone che credono nell’umanità e nelle buone intenzioni e che fanno fatica a intuire l’opportunismo nelle relazioni, prima che sia troppo tardi.

Un caro amico una volta mi disse che se qualcuno ti tradisce una volta, è colpa sua; ma se accade ancora, la colpa allora è tua.

Nonostante questo evidente avvertimento ad essere prudente, ho continuato imperterrita a prendere grandi sberle.

Sono però riuscita a non sbagliare quando si è trattato di scegliere la guida spirituale e non è stato un mero colpo di fortuna!

Sicuramente un aiuto nella scelta è arrivato dall’intuizione: quella sensazione totalmente irrazionale di essere nel posto giusto, al sicuro, senza margine di dubbio.

Ma non mi sono voluta accontentare dell’istinto: ho ritenuto necessario capire meglio chi avevo davanti.

Il Pai de Santo è un professionista e va scelto in questa precisa prospettiva.

Poichè ci rivolgiamo a lui affidandogli la nostra energia, la cura del nostro cammino, dobbiamo poterci fidare della sua esperienza.

Il suo curriculum è tanto importante quanto quello di un qualsiasi altro professionista.

Ma quali aspetti dobbiamo guardare?

La mia esperienza, maturata in ormai diversi anni di candomblé, porta a concludere nel senso che ci sia un elemento determinante, che viene addirittura prima delle competenze tecniche e delle qualità umane della persona cui ci rivolgiamo.

Questo criterio è l’africanità.

Il candomblé è una religione brasiliana di origine africana.

Si poggia esclusivamente sulla tradizione orale e sul segreto, anche se negli ultimi anni l’interesse antropologico e psicanalitico su questa religione è stato elevato con conseguente pubblicazione di diversi saggi da parte di studiosi.

Tutti possono accedervi, come clienti o come parte della comunità: è una cultura aperta, tollerante e inclusiva.

Non a caso, Pai Ode dice sempre che gli orixás non conoscono frontiere.

Questa permeabilità non significa però che sia anche facilmente assimilabile e comprensibile.

Il fattore tempo, la continuità nel culto e il legame ancestrale sono determinanti.

Se si nasce dentro il candomblé, o se il candomblé nasce dentro noi (è il caso di ogans e ekedi, persone scelte dalla nascita dagli orixás per essere loro assistenti), il legame ancestrale è certamente più forte che non se si entra nel candomblé ad un certo momento della vita e, da lì in poi, lo si “impara”.

L’esperienza nel candomblé non dipende tanto dal numero di rituali compiuti, dalla quantità di feste cui si partecipa o dagli anni decorsi dall’iniziazione, quanto dall’ancestralità del legame con la matrice africana.

Ancestralità che non è attestata dal fattore razziale.

Pai Ode, ad esempio, non è un discendente di africani, tuttavia il suo legame ancestrale con gli orixás è evidente.

Nato in un terreiro di Umbanda, fondato dalla nonna, è cresciuto dedicandosi agli orixás, con la consapevolezza che la sua vita sarebbe stata dedicata a loro e a al compito di guida spirituale di una comunità.

Si può dire con certezza che sia stato scelto dagli orixás per portare a termine questo destino e non, invece, che sia stato lui a scegliere il candomblé come “lavoro”.

Anticamente, quando il candomblé era una religione frequentata solo da discendenti di africani, probabilmente questo tema non si poneva.

La successione alla guida dei terreiros di candomblé avveniva, come deve essere, per designazione da parte degli orixás e investiva persone che si trovavano già in un rapporto di continuità diretta con la casa di axé, come è stato il caso di Pai Ode.

Oggi i legami sono molto più fluidi e flebili: si invoca la “discendenza” da una casa di axé come prova di preparazione, ma è un elemento di per sé non significativo.

La cosiddetta appartenenza ad un terreiro in Brasile indica, al più, un percorso di formazione, un po’ come scrivere nel curriculum in quale università ci si è laureati.

Si tratta di un elemento da valorizzare ma, a mio avviso, non di per sè sufficiente.

Il mio invito è, nel momento in cui decidete di affidare la cura della vostra energia a un Pai o una Mâe de Santo, a cercare di capire “quanto siano africani”.

Maggiore è il legame ancestrale con questa cultura, tanto più solida è la base di partenza.

Da lì, il rapporto con la persona scelta dipenderà dall’empatia, dalla fiducia e da tutto quell’altro insieme di fattori che caratterizzano la relazione con un professionista.

Axé.

La gardenia esprime lealtà e fiducia.

La gardenia esprime lealtà e fiducia.

Previous
Previous

Candomblé: una risorsa intelligente nei periodi di difficoltà.

Next
Next

Xango e Ayra: il simbolo del fuoco nel candomblé.